La decisione di tornare alle urne, indipendentemente dagli esiti dei ricorsi, consentirebbe entro il 12 giugno di convocare la platea dello scorso dicembre e di anteporre alle controversie legali la via della definitiva chiarezza. Il pallino è nelle mani dei democratici che, tuttavia, sembra fatichino a capire.
Proprio non riesce a farli il Pd i conti con le elezioni provinciali. Nonostante il verdetto del Tar che ha annullato le elezioni in 30 comuni, nelle ultime 24 ore ha rivendicato compulsivamente la vittoria, nell’ordine con: il presidente Buonopane decaduto, quattro consiglieri provinciali su cinque (Mazzariello no, ndr) e una nota stampa di rinforzo della Segreteria provinciale.
Il minimo comune denominatore delle uscite dem è stato il richiamo all’aritmetica vittoria che il voto dello scorso 18 dicembre avrebbe sancito. Se il Pd lo analizzasse insieme ai due consiglieri le cui preferenze sono state annullate dal Tar – poiché raccolte fuori provincia – potrebbe facilmente appurare per quale candidato presidente sia stato compiuto lo sforzo di partecipazione, anche da un letto di ospedale. In caso di tradimenti, lavando i panni sporchi in famiglia, nessuno saprebbe all’esterno. Oppure, con dello stupore, i democratici irpini potrebbero gioire per la confermata lealtà e senso di appartenenza mostrata da un consigliere, scelto dal Pd alla vicepresidenza della comunità montana alta irpinia, e dal capogruppo democratico del terzo comune della provincia. Neppure in questo caso la condivisione interna della segretezza del voto verrebbe violata e resa pubblica. Peccato, invece, non solo D’Agostino e per ovvie ragioni, ma neppure Buonopane saprà mai la verità almeno fino al Consiglio di Stato.
Il Presidente decaduto ha ragione quando afferma che anch’egli è stato penalizzato dalla vicenda, l’illegittimità sentenziata dal Tar sta nelle procedure d’ufficio, parti terze.
Resta il fatto che in ragion di quei voti irregolari Buonopane ha avuto la fortuna di governare quattro mesi. D’Agostino la beffa, e insieme il danno, di essere stato tagliato fuori dal Consiglio. Buonopane farà appello. Come i legali del sindaco di Montefalcione per ribaltare il verdetto senza votazioni a causa di altre tre schede ritrovate postume nell’urna.
È nell’attesa dei giudici che la buona politica bene farebbe a non attendere oltre. A rendere trasparenti i processi. La dignità e l’appartenenza a determinati valori, invocati dal Pd che ha in mano il pallino del gioco, dovrebbero indurre a chiedere da subito nuove votazioni, azzerando polemiche e veleni che – nell’uno o nell’altro campo – ai più possono apparrire come vecchie logiche di attaccamento alla poltrona.
Se c’è la volontà politica, non ci sarà tribunale che tenga. I tempi per ri-votare di nuovo, insieme alle comunali del 12 giugno, ci sono. Diversamente non si riuscirà mai a fare chiarezza fino in fondo. Anzi, muterà irreversibilmente la platea del 18 dicembre scorso con rappresentanti comunali sostituti da altri dopo le amministrative.
Una via d’uscita dal guazzabuglio esiste anche agli occhi dei cittadini che invocano di poter nuovamente scegliere in autonomia i propri rappresentanti e che non hanno bisogno di confusione o disorientamento.
Per riscrivere le sorti di elezioni – più uniche che rare in Italia – senza strategie legali e retropensieri basterebbe semplicemente tornare alla massima espressione della democrazia, il voto. Che sia di prima o di secondo livello non importa. Di sicuro verrebbe alzata l’asticella.