13 Dicembre 2015 0 Di La redazione

di Franco Genzale

EDITORIALE copia

Una delle pochissime cose sensate sulla crisi strisciante al Comune di Avellino l’ha detta Ida Grella, persona di sicura sensibilità politica e di grande spessore etico, in un’intervista a Prima Tivvù: “Attenzione, Pd: i cittadini ci puniranno!”.

A differenza dell’incauto ottimismo d’un Gianluca Festa, secondo il quale gli avellinesi premierebbero a larghe mani il Partito Democratico in caso di elezioni anticipate, la Grella interpreta responsabilmente gli umori di una città stanca dei giochini di Palazzo molto più dei cantieri ancora aperti. Perchè – ragionano i cittadini – i cantieri qualche problema continuano a crearlo alla quotidiana vivibilità, ma quanto meno promettono un tessuto urbano prossimo venturo meglio organizzato e al servizio del vivere civile. I giochini politici di protagonisti e comparse del Pd, invece, sono funzionali esclusivamente agli interessi “particulari” di questa e di quella fazione, di questo e di quel capocorrente: non recano alcuna utilità all’azione amministrativa di oggi e nulla di buono lasciano indovinare per quella di domani. Al momento del voto, dopo tanto scempio, scatta nel cittadino-elettore il bisogno di vendetta contro il soggetto politico responsabile dei giochini del Palazzo. E quel soggetto viene individuato come insieme di protagonisti e comparse dello stesso partito, come unicum del Pd, evaporandosi nel rilievo critico del cittadino-elettore ogni distinzione tra una fazione e l’altra, tra un capocorrente e l’altro, indipendentemente da chi abbia ragione o torto.

La stessa vocazione suicida stanno dimostrando le diverse correnti del Pd nell’insensata scelta di giubilare il segretario provinciale Carmine De Blasio. Il rito sacrificale, come si sa, è annunciato per lunedì 14: oggi, Santa Lucia, si consumano le ultime ore di speranza del miracolo della vista per i ciechi del Pd.

Pensate: il segretario verrebbe sfiduciato da 54 dei 100 componenti l’assemblea provinciale ma senza che gli stessi 54 abbiano un disegno comune sul dopo De Blasio. Si presentano “vincoli” domani ma annunciando senza pudore che saranno “sparpagliati” già dopodomani. Dichiarano di volere un congresso straordinario sapendo che di straordinario avrebbe soltanto l’impossibilità di mettere insieme i troppi cocci irresponsabilmente provocati.

Nella vituperata e lunga stagione dei partiti con un nome, un cognome e soprattutto un Dna certo, i congressi straordinari non mancavano; ma vivaddio venivano celebrati sulla base di una proposta e di una maggioranza precostituite, frutto di accordi elaborati con sapienza politica. Le maggioranze potevano anche sostenersi su un semplice 51%, circostanza in verità assai rara, ma erano maggioranze comunque solide per la consistenza e la lucidità della proposta. Nell’attuale caso irpino, bisogna fare uno sforzo sovrumano per individuare una maggioranza destinata a durare l’arco d’un mattino – il tempo, appunto, di sfiduciare De Blasio – e che, per di più, ha la sola missione di sfasciare l’esistente. Manca, insomma, una proposta alternativa che possa giustificare la devastazione di oggi ed il congresso straordinario del futuro prossimo. E manca perchè la crisi del partito, al pari della crisi strisciante al Comune capoluogo, è nata e si è sviluppata intorno a miserabili interessi personali: interessi distanti anni luce da quelli amministrativi della comunità avellinese e da quelli politici del Partito democratico. Manca, quella proposta, anche per un altro motivo, se si vuole addirittura più grave e profondo: per la totale assenza di sapienza politica nei protagonisti e nelle comparse della crisi del Pd e della crisi al Comune capoluogo. Ovvero per la totale assenza di una leadership all’altezza del compito.

Ma non c’è da sorprendersi: in fondo – al netto del Premier Renzi nel Paese, del Governatore De Luca in Campania e di altri rarissimi capi carismatici locali – il Pd è esattamente la scatola vuota esemplificata nelle vicende irpine. Quanto prima le D’Amelio, i De Luca avellinesi, i Famiglietti, i Festa e compagnia cantando comprenderanno che il Pd ed essi stessi sopravvivono grazie a Renzi ed al De Luca salernitano, tanto prima si potrà mettere mano al parto di un soggetto politico indispensabile e moderno ma di fatto mai nato.

In questa cornice, gli omicidi politici senza moventi del segretario provinciale del Partito Democratico e del sindaco di Avellino passeranno alla storia come il più banale ed inutile tentativo della classe dirigente Pd di esorcizzare la propria inconsistenza.

Sarebbe saggio che tutti si fermassero a riflettere. Ma è un problema di intelligenza politica che non c’è: ecco perchè bisogna attendersi che sarà portata a compimento l’impresa di demolizione perfino della speranza.